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Dal 4 al 7 aprile | Dal martedì al venerdì h 21

RAGAZZE AL MURO

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di Eleonora Danco
con Eleonora DancoBeatrice Bartoni

luci Paride Donatelli
Musiche scelte da Marco Tecce
assistente alla regia Alice De Luca

Comunicazione Benedetta Boggio

regia Eleonora Danco

Durata 55’

Un testo a due personaggi, visionario, comico e contemporaneo.

Una fermata d’autobus in una strada abbandonata e poco identificabile se non fosse per il prato di cicche e le tracce di rifiuti: cartacce spazzate dal vento, lattine di coca-cola schiacciate, qualche volantino elettorale. Fari di macchine che ogni tanto illuminano al loro passaggio. Al centro della scena spiccano due barili: uno un po’ più alto e arrugginito, l’altro più basso, un contenitore per la birra alla spina. Due ragazze aspettano un autobus, la matta Sonia e l’ingenua Maria. Un autobus che forse non prenderanno mai. Sonia e Maria, profondamente sole, ascoltano della musica in un pomeriggio qualsiasi, in una periferia qualsiasi, incapaci di uscire dal proprio già tracciato percorso. Scritto in slang romano è il primo testo di Eleonora Danco che firma con Ragazze al muro nel 1996 il suo debutto sulla scena nazionale. Spettacolo diventato cult nello stesso anno rappresentato in tutta Italia non viene messo in scena dal 1998.

Dopo ventitré anni dall’ultima replica e ventisei da quando è stato scritto Ragazze al muro è un testo attualissimo, uno spettacolo comico, divertente, che al tempo stesso tratta la solitudine delle periferie e l’adolescenza, attraverso una scrittura visionaria, pittorica, poetica ed estremamente attuale.

Così ci appare la scena di Ragazze al Muro. La scena non è solo vuota: è stata svuotata; come se quel posto pieno di gente che è il mondo e quello spazio di azione che è il palco si rispecchiassero all’improvviso l’uno nell’altro in una crisi che non ha nulla di metafisico: è pura resa. Il fatto che ci siano due barili e due donne profondamente sole ci mostra dove arriva il rischio che si prende Danco di fare teatro. la resa dei corpi di Sonia e Maria buttati lì al centro della scena, dichiaratamente sole, profondamente sole, conteneva (nel 1996) una verità di cui allora potevamo avere solo un’illuminazione.

 

Christian Raimo Tratto dalla prefazione di Tempi Morti, Giulio Perrore Editore 2022.